Daniele è un imprenditore del settore alimentare. Si lamenta, spesso, perché vorrebbe vendere di più.
“Sai”,
dice, “ho dei prodotti fantastici, buonissimi. Ma quando li presento alle
catene della GDO, nella maggior parte dei casi i buyer mi rispondono che non
sono interessati”
Questa è
una situazione tipica. Molte aziende, in tutti i settori alimentari, cercano
semplicemente di vendere quello che producono.
Cioè, queste
aziende approcciano il mercato in termini di vendita – produco e poi cerco di
vendere. E non di trade marketing – cerco di capire cosa vogliono i miei
clienti e organizzo la produzione di conseguenza.
Abbiamo visto
che il primo
passo da compiere per operare in un’ottica di trade marketing è definire
chi sono, e che importanza hanno, i canali distributivi (di primo livello- come
i grossisti, i Cedi della GDO, ecc; e di secondo livello – i negozi, i bar, i ristoranti
e cosi via) che l’azienda può utilizzare per far arrivare i suoi prodotti ai
consumatori.
Compiuto
questo passo, quello successivo è studiare questi canali per capire qual è, per
ognuno di essi, l’offerta ideale in termini di tipologia di prodotto, di
confezione e così via, e per colmare eventuali vuoti di offerta. Chi approccia il mercato in termini di
vendita salta completamente questa fase. Non si chiede cosa voglia, ad esempio,
un ristorante, ma cerca semplicemente di vendergli quello che ha.
Come procedere, dunque, per operare secondo i principi e le regole del trade marketing? Imitando le aziende più evolute: organizzando cioè apposite ricerche di mercato sui canali di vendita, che utilizzano metodologie quali-quantitative per studiare a fondo le esigenze e le preferenze di ogni partner distributivo.
In modo poi
– come vedremo nei prossimi articoli - da scegliere i canali che si vogliono
utilizzare e progettare un offerta che abbia più probabilità di essere
apprezzata ed accettata.
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Maurizio Pisani
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